venerdì 18 maggio 2012

"Stones grow her name"

(Prima di iniziare, mi scuso per l'assenza ingiustificata. Tenterò di essere più presente, ma non posso promettere nulla, al momento.)


Partiamo dal principio.
Io amo i Sonata Arctica, e direi che si è capito, visto che ho fatto i debiti per andarli a vedere dal vivo non una, ma ben due volte (la seconda non l'ho recensita, pardon). Amo la voce di Tony Kakko, e il suo modo di scrivere le canzoni, anche se odio il fatto che più e più volte mi sia ritrovata in quei testi quando mi mancavano le parole per spiegare il mio stato d'animo in determinate situazioni (se conoscete le loro canzoni più famose, credo che possiate avere un'idea generale di quello che sto dicendo). Amo gli assoli di chitarra di Jani Liimatainen prima e di Elias Viljanen poi (per Elias parlo degli assoli nei concerti, visto che negli album non ce n'è quasi traccia), le instancabili gambe di Tommi Portimo sui pedali della doppia grancassa, i plettri rotti sulle corde del basso di Marko Paasikoski (oltre che i suoi occhi del colore del ghiaccio, ma è un dettaglio) (sì, usa il plettro... E' uno schifo, per un bassista, ma non ci posso fare niente, lo adoro lo stesso) e le stupide improvvisazioni di Henrik Klingenberg con la sua coloratissima keytar. Ed è colpa loro se mi sono avvicinata al metal nordico, e ho deciso di intraprendere la (triste) carriera della studentessa di lingua e cultura finlandese (katso merta!*).
Insomma, quando si tratta dei Sonata Arctica sono dannatamente di parte, e anche quando hanno pubblicato i due obbrobri post-Jani ("Unia" e "The Days of Grays") li ho giustificati, dicendo che magari volevano sperimentare, dopo quasi 10 anni di power/epic metal, più adatto agli adolescenti incazzati che ai giovani adulti incazzati. Ed ho pure speso un puzzo di soldi per comprarli, quei due obbrobri. Ed ammetto che qualche canzone mi piace, e a qualcun altra mi sono "affezionata", malgrado tutto.

Adesso l'unica cosa che mi viene in mente è: ma che cavolo è successo?
Mi sono bastate le prime note di "I Have A Right" (il primo singolo dell'album, ndr) per capire che c'era qualcosa che non andava. Tralasciando il video, in cui l'unica cosa buona sono i disegni, e in cui il nuovo stile (parlo di look, non di musica) di Kakko la fa da padrone (ha abbandonato lo stile "lumberjack" dei camicioni di flanella per lo stile "fravecatore"** della canotta "inzevata" [unta, sporca] e del caschetto alla Nino d'Angelo.. Gli mancava solo il panino "sasicce e fiarielli"**...),  la canzone è effettivamente brutta: un misto tra una sigla di Cristina d'Avena e una ninna nanna suonata da un carillon (che pure per una canzone sui diritti dell'infanzia è una cosa orrenda), per intenderci; ma (cercando un minimo di giustificazione alla cosa) ho comunque pensato: "Vabè, è il primo singolo. Deve essere più commerciale per ragioni di marketing..."
Ho pazientemente aspettato un mese, tentando inutilmente di dimenticare il motivetto della canzone (che, da brava canzone commerciale, mi è entrata in testa e non ne è più uscita) per poter giudicare l'album nella sua integrità.

Bene, il mese è passato. Oggi c'è la release ufficiale (in Europa, almeno), ma le canzoni già sono online, su youtube e altre piattaforme più o meno ufficiali; e io, ovviamente, ho colto la palla al balzo e l'ho ascoltato.
Non solo "I Have A Right" è pietosa, ma l'intero "Stones Grow Her Name" fa schifo.
Non c'è una sola canzone che si salvi: i testi sono stupidi, le ballads sono banalissime (e tanti saluti a "Shy", "The Misery", "Last Drop Falls" e compagnia bella...), le due nuove "Wildfire" non c'entrano nulla con la precedente (dall'album "Reckoning Night", 2004), e ci sono degli assoli di banjo che non hanno né capo né coda... Sì, avete capito benissimo: assoli di banjo. Quella specie di chitarra usata nei film western dove la gente balla e si ubriaca e sparano colpi a cavolo come se fosse la cosa più normale del mondo (sempre che ci siano veramente scene del genere nei film western.. Non ne ho mai visto uno in vita mia..).
Una cosa è evidente: avendo finito la sfilza di ragazze morte, o che lo hanno tradito, o che non lo cagano manco di striscio, o che lo hanno deluso o che hanno tentato la carriera delle public relationers per non dire altro (molte delle quali coincidono), di audaci guerrieri morti in guerre strane, o esiliati, o troppo shockati per continuare a vivere una normale esistenza, ed essendo ormai il lupo una specie in via d'estinzione (non a caso, l'ultima canzone su tale argomento si chiama "The Last Amazing Grays"), Kakko ha perso gran parte della sua verve creativa.

Citando Maccio Capatonda, "c'è delusione in me".
Negli anni passati ho anche imparato ad apprezzare canzoni stupide, tipo "Black sheep", cercando di vederle in toto, e che quindi tutt'oggi apprezzo, ma quest'album non riesco proprio a farmelo piacere in nessuna salsa.
No, quest'anno il concerto me lo salto. Poco importa se è a Roma. Non mi va di spendere soldi per ascoltare quella roba, né dal vivo, né nel mio stereo. Anche se la carica che mi hanno dato (sia dal vivo che nel mio stereo) difficilmente me l'hanno data altri gruppi. E lo dico pur essendo consapevole del fatto che, non appena le finanze me lo permetteranno, comprerò lo stesso quell'album. Ma per il momento, la mia copia prenderà polvere sullo scaffale del negozio, e non sulla mia mensola.
Ritenta, Tony. Sarai più fortunato (spero).



* "katso merta" significa "guarda il mare".
La lingua neo-finnica, oltre a questa splendida perla, ci regala altri magnifici esempi, come "katso minkia" (guarda il montone, o la pelliccia, a seconda della frase) e "katso sukkia" (guarda le calze).

** Salsicce e friarielli.
Il "friariello" è il fiore del broccolo, che noi napoletani amiamo quasi quanto la squadra del Napoli, specialmente soffritto con un po' di peperoncino e abbinato al suddetto tipo di carne. Il "panino sasicce e friarielli" è il tipico pasto del lavoratore (fravecatore) napoletano (con fravecatore si intende "persona dedita a lavori pesanti", come muratore o contadino), che col tempo è diventato anche un ottimo pasto da picnic o da braciata in compagnia. Se non siete napoletani, non potete capire.